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L'IDROCEFALO NORMOTESO
I successi delle ricerca, della
tecnologia e dello sviluppo sociale hanno determinato un aumento della vita
media, conducendo il personale medico e paramedico ad affrontare i molteplici
problemi legati alla gestione di un numero sempre crescente di soggetti
affetti da patologie complesse, spesso in associazione e invalidanti. Tra
queste un ruolo prioritario spetta alla demenza, in forte crescita nei paesi
più sviluppati e di grande impatto per le sue ricadute economiche e sociali.
La prevalenza della demenza nei paesi
industrializzati oscilla intorno al 5% (3,4% – 6,7%) nei soggetti di età
superiore ai 65 anni; questi tassi raddoppiano approssimativamente ogni 5
anni di età, almeno fra i 65 e gli 85 anni.
Particolare attenzione viene oggigiorno
rivolta alla malattia di Alzheimer e alla demenza vascolare, che sono le
forme più comuni nei paesi industrializzati. Ciò ha portato a considerare spesso
la demenza come una patologia inesorabilmente progressiva ed irreversibile,
trascurando quelle forme secondarie che, se diagnosticate correttamente,
diventano suscettibili di trattamento.
Tra queste, particolare attenzione merita
l’idrocefalo normoteso (IN), la cui prevalenza nell’ambito delle demenze
varia dal 2 al 10%.
Nei pazienti con IN il trattamento chirurgico,
se eseguito a breve distanza dalla comparsa dei primi sintomi, porta ad una
regressione della sintomatologia in oltre il 50% dei casi; in tal modo i
processi neurodegenerativi indotti dalla malattia vengono arrestati, evitando
quindi l’evoluzione verso una forma irreversibile.
A quasi 40 anni dalla prima descrizione
dell’IN, la sua corretta diagnosi e ancor l’identificazione dei pazienti che
con IN possono giovarsi di un trattamento chirurgico, rimangono difficili.
Cos’è
L’idrocefalo normoteso è stato descritto per la prima volta da Hakim ed Adams nel 1965.
Gli autori descrivevano una patologia in cui, alla dilatazione delle strutture ventricolari cerebrali evidenziata con pneumoencefalografia, si associava la triade clinica caratterizzata da disturbo cognitivo, alterazioni della marcia ed incontinenza urinaria. Tale sintomatologia regrediva sorprendentemente dopo la derivazione del liquido cefalo-rachidiano, malgrado che la pressione liquorale alla rachicentesi risultasse normale.
La maggior parte degli autori oggigiorno concorda nel ritenere che la dilatazione ventricolare, oggi evidente agli esami TAC ed RMN, sia il risultato dell’accumulo liquorale indotto da un
alterato riassorbimento. In un sistema chiuso, qual è considerato il cranio, l’ampliamento del sistema liquorale ed in particolar modo delle cavità ventricolari avviene a discapito delle componenti vascolari e parenchimali cerebrali. Gli aspetti clinici manifestati dai pazienti con IN sono
riconducibili allo stiramento ed alla
compressione delle strutture periventricolari. |
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I diversi studi sulla Pressione
Intracranica (PIC) hanno evidenziato che nel corso della giornata e prevalentemente durante la notte, i pazienti con IN manifestano incrementi pressori di breve durata che non giustificano più il termine
“Normoteso” formulato da Hakim e Adams. A tal proposito nel 1990 Bret e
Chazal hanno proposto di
sostituire il termine di “idrocefalo normoteso” con quello di “idrocefalo
cronico dell’adulto” più consono alla realtà clinica. |
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Classificazione etiopatogenetica
Le modalità con cui si manifesta l’alterato
riassorbimento non sono ancora ben chiare.
Attualmente
riconosciamo due varietà eziopatogenetiche di
idrocefalo normoteso differenti per aspetti clinici, neuroradiologici e
soprattutto prognostici: una forma idiopatica, presunta primitiva,
che si presenta tipicamente nella
sesta-settima decade di vita e che rappresenta circa il 30% dei casi; una forma secondaria ad altre
patologie che si manifestano a
qualunque età (tabella)
E’ dimostrato che l’idrocefalo normoteso
secondario ha una prognosi migliore, dopo l’intervento di derivazione, rispetto alla forma
idiopatica. La differenza tra i due gruppi è tale che l’identificazione di
un’eziologia precisa è riconosciuta come un parametro predittivo di outcome
positivo postoperatorio, sufficiente per giustificare da sola la
derivazione nella maggior parte dei casi.
L’età media nella forma idiopatica è più elevata: 71 anni contro 59
per le forme secondarie. |
Emorragie meningee
Tabella
Meningiti
Sequele d’interventi
intracranici
Traumatismi cranici
Tumori intracranici
(3° ventricolo e fossa cranica posteriore)
Tumori intrarachidei
Stenosi
dell’acquedotto di Silvio
Altre malformazioni
dell’asse nervoso |